Ciao a tutti e benvenuti a Storie e curiosità notturne sull’architettura. Oggi parliamo di un architetto che è stato dimenticato dalla storia, ma che ha avuto un ruolo importante nella realizzazione di uno dei monumenti più iconici del mondo: il Centre Pompidou di Parigi.

Questo architetto si chiama Gianfranco Franchini, e fu uno dei tre architetti che vinsero il concorso per la progettazione del Centro Pompidou nel 1971. Gli altri due architetti erano Renzo Piano e Richard Rogers.

Il progetto di Franchini, Piano e Rogers era rivoluzionario. Per la prima volta, un museo veniva costruito con una struttura esterna in acciaio e vetro, che lasciava vedere tutti i tubi e i cavi che erano necessari per il funzionamento del museo. Questo progetto suscitò molte polemiche, ma alla fine fu approvato.

Il Centre Pompidou fu inaugurato nel 1977 e divenne subito un successo. Oggi è uno dei musei più visitati al mondo, e ospita una collezione di arte moderna e contemporanea senza pari.

Gianfranco Franchini, però, non ebbe la stessa fortuna dei suoi due colleghi. Dopo la costruzione del Centre Pompidou, Franchini si ritirò dall’architettura e si dedicò alla pittura. Morì nel 2007, dimenticato da tutti.

La storia di Gianfranco Franchini è una storia di coraggio e di talento, ma anche di insuccesso. Franchini aveva il talento e l’intelligenza per diventare uno dei più grandi architetti del mondo, ma non ebbe il coraggio di rischiare.

Franchini scelse di non entrare in società con Piano e Rogers, e di non condividere con loro la fama e il successo del Centre Pompidou. Questa scelta gli costò la carriera e la fama, ma non gli tolse il talento e l’intelligenza.

Gianfranco Franchini è un esempio di come il coraggio e il talento non sempre sono sufficienti per avere successo. Nella vita, a volte, è necessario anche essere disposti a rischiare.⁠ Support the show

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Ciao, sono Daniele, sono un architetto e questo è il podcast, storie, curiosità notturne sull’architettura.

Come sempre, questo è un podcast non scritto, ma solo parlato.

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Non è che mi preparo un testo, lo scrivo e poi lo recito davanti al microfono.

Sono divagazioni notturne improvvisate su un tema che spesso mi viene suggerito o spesso me lo invento io per una mia personale curiosità.

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Oggi voglio parlare di come.

Anche se un architetto si ritrova in mano il biglietto della lotteria vincente nell’ambito dell’architettura, ovviamente può comunque fallire.

Prima di tutto parliamo di che cosa sono questi biglietti della lotteria vincenti nel mondo dell’architettura sono essenzialmente i vari premi che vengono riconosciuti quando un architetto, uno studio di progettazione partecipa a un concorso per poter.

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Realizzare un edificio generalmente pubblico.

Vi faccio un esempio, ci fu per Venezia intorno al 1501, concorso per poter realizzare il Ponte di Rialto oppure, molto più recentemente, negli anni 2000 venne indetto un concorso a Roma per realizzare il museo Maxxi, che tuttora vediamo realizzato dalla magnifica Architetta Zaha Hadid.

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Insomma, quando c’è una grande rappresentativa?

Con oculista architettura da realizzare per un per un ente governativo o un’associazione di prestigio internazionale viene sempre indetto questo Benedetto concorso quando tendenzialmente un architetto vince il concorso e viene realizzata la sua architettura, ecco che la sua carriera ha veramente un giro di boa, viene proiettato nel firmamento delle archi star, ma oltre a questi concorsi ci sono degli altri biglietti vincenti che ogni architetto.

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Sogna di poter vincere e questi sono dei premi, dei premi internazionali e andiamo a vedere quali sono.

Il primo sicuramente è il premio pritzker, è un premio originario degli Stati Uniti ed è sicuramente il più prestigioso e riconosciuto a livello internazionale.

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È sempre stato comparato al premio Nobel e tutti lo chiamano, dagli architetti ai giornalisti.

Il Nobel dell’architettura dal 1979 a questo premio è sempre stato assegnato.

La Fondazione pritzker ha un architetto che nella sua carriera e attraverso i suoi progetti ha mostrato il suo talento attraverso diverse sfaccettature, contribuendo allo sviluppo dell’umanità attraverso appunto la nobile arte dell’architettura. un’altro grande biglietto della lotteria del mondo dell’architettura e sicuramente la medaglia d’oro del Riba, che un premio originario della Gran Bretagna ha segnato.

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Mi hanno dal 1848 e una medaglia d’oro assegnata dalla Royal Institute of British Architect, che rappresenta la monarchia britannica.

Il vincitore di questo premio viene scelto in riconoscimento del suo sostanziale contributo all’architettura internazionale.

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Nel corso della sua carriera, un’altro grande biglietto della lotteria del mondo dell’architettura e sicuramente il premio dell’Unione europea per l’architettura.

Contemporanea o premi Miss Van de Roe è un riconoscimento della qualità della produzione architettonica in Europa e assegna due premi in ogni edizione, il premio per l’architettura contemporanea e il premio per l’architettura emergente.

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Insomma, questi sono alcuni dei principali biglietti della lotteria che se un architetto se li ritrova in mano, sicuramente la sua carriera svolta non lavorerà più.

A livello locale o anche nazionale, ma avrà accesso ai più prestigiosi progetti in tutto il mondo.

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Da qui in poi sarà anche inserito ovviamente nei vari libri di architettura e di storia dell’arte.

Ma andiamo nel dettaglio, perché non basta avere in mano un biglietto della lotteria vincente e lo dimostra anche il fatto dei numerosi persone normali come noi, che hanno fortunatamente vinto.

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Un premio della lotteria milionaria e nel giro di pochi anni si ritrovano più poveri di prima.

Perché io non sono capaci di gestirli.

È ovvio che il paragone leggermente diverso tra gli architetti e le persone normali, che all’improvviso si trovano straricche e non sanno gestirla.

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Ma anche se in questi premi del mondo dell’architettura c’è un lato oscuro e qui entrano in gioco tre personaggi, due molto famosi e il terzo praticamente.

Sconosciuto?

Uno è il nostro amatissimo Renzo Piano che oltre ha stimato architetto archistart, anche senatore della Repubblica italiana.

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L’altro è Richard Roger, un architetto londinese, anche lui archistar e anche lui stra presente nei libri di storia dell’arte e dell’architettura.

Invece il terzo architetto sconosciuto si chiama Gianfranco Franchini.

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Gianfranco Franchini, chi era costui?

Per sapere?

Chi è e perché è importante raccontare la sua storia?

Dobbiamo fare un passo indietro.

Nel 1960 circa.

Parliamo quindi di Renzo piano, visto che ne sappiamo tantissimo della sua storia, come è diventato famoso?

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Come Renzo Piano è diventato un archistar a livello internazionale?

Gli inizi di Renzo subito dopo la laurea furono quelli di un tipico figlio che lavorava nell’impresa nell’azienda di suo padre, facendo il progettista, ma da lì a poco.

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Riuscì a distinguersi nelle sue realizzazioni, tanto che gli incaricarono di realizzare un padiglione per un’esposizione a Milano.

Il progetto di questo padiglione è risultato così efficiente, così interessante che poi nel 1970 venne proiettato ad Osaka per realizzare il padiglione italiano dell’Expo ed è qui, in questo padiglione, con questa tipica e strana realizzazione che fece Renzo Piano.

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Gli anni 70 che un’altro coetaneo, un’altro architetto coetaneo, lo notò.

E questo fu Roger, un architetto inglese.

Da qui in poi la carriera di Renzo piano parti in quarta e ancora oggi non è terminata.

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Invece cosa è successo a Gianfranco Franchini?

Anche Gianfranco Franchini, come abbiamo detto, era un coetaneo di Renzo Piano, Frequentava la stessa università, ma ovviamente non aveva il padre impresario.

Quindi non esercito subito all’interno di uno studio di un padre, ma si diede alla libera professione.

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Però successe questo, Gianfranco Franchini era molto amico di Renzo piano, il quale gli riconosceva uno stile unico, una capacità che solo lui aveva.

Ed è grazie a questa sua caratteristica che quando Renzo Piano e Roger decisero di partecipare al concorso per la realizzazione.

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Del Centre Pompidou a Parigi, decisero di coinvolgere anche Gianfranco Franchini, quindi si formò un trio, potremmo chiamarla la Santissima Trinità dell’architettura.

Ora apriamo una parentesi, che cos’è il centro di Pompidou a Parigi?

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Probabilmente è il museo più visto e potrei allargare questo concetto a essere l’opera artistica.

L’opera di architettura più visitata a Parigi.

Ha superato di gran lunga come numero di visitatori anche l’attore Eiffel, l’Eccentrico Pompidou sorge.

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O meglio possiamo dire che sorgeva in un quartiere che si chiamava Bourgh ed era ovviamente un quartiere dissestato, dove la vita non era proprio così semplice, andava riqualificato.

Ed ecco che Pompidou, il Presidente della Francia di quegli anni, agli inizi del 1970 decise quindi di emettere.

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Un concorso il cui vincitore poteva realizzare il nuovo centro di aggregazione culturale che sarà chiamato Alessandro de Pompidou.

È inutile negare che questo concorso era veramente prestigioso perché lì si andava a intervenire in una città millenaria famosa in tutto il mondo, ovviamente e non solo.

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Si andava a intervenire in una piccola piazza all’interno di Parigi, ma si andava a riqualificare un intero quartiere.

In quegli anni, appunto, era degradato e poco vivibile, quindi era un intervento molto ambito dagli architetti.

Era un concorso molto partecipato, erano più di 680 progetti ed è qui che entrano in gioco i nostri tre architetti, I tre moschettieri dell’architettura di cui due sono italiani e uno è inglese e capite già come i francesi.

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Questa cosa la digerisco molto male.

Il concorso si svolse molto velocemente, i progetti vennero inviati alla Commissione che alla fine.

Promosse il progetto ideato pensato dai nostri tre moschettieri.

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Qui scoppiò il putiferio, inutile negare come quando capitò per la Torre Eiffel che fu appena costruita, odiata da tutti i parigini, anche qui, ancor prima di costruire l’edificio, i parigini già odiavano il progetto, per loro era una raffineria all’interno della città millenaria, per altri era un motore, per altri ancora era una banale fabbrica di tubi.

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Insomma, era tutto fuorché un centro culturale, un museo, una architettura con una valenza artistica.

Era pura immondizia, perché questo?

Perché era talmente innovativa che non poteva essere immaginata se non dai nostri tre moschettieri.

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Tutte le altre persone, dal Presidente che aveva emanato il concorso a scendere, l’avrebbero odiata e articoli su articoli si sarebbero spesi per poter.

Disprezzare sempre e al meglio questa fantastica architettura.

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Insomma, il clima in quegli anni 70 era veramente ostico per i tre architetti che avevano portato all’interno di Parigi un’idea talmente nuova, talmente innovativa, mai vista prima.

Erano degli innovatori, un po come se al tempo dei romani un architetto avesse realizzato il Colosseo quadrato.

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Tutti colossei tutti gli anfiteatri romani.

O sono semicircolari o sono di forma ovale o rotonda al massimo e questi lo fanno quadrato.

Potete capire che questa forma talmente desueta talmente strana sarebbe stata odiata da tutti i romani e probabilmente la avrebbero demolito.

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Infatti anche in questo caso si pensa proprio di demolire la costruzione, tanto venne ritenuta brutta ed è qui che entra in gioco la personalità degli architetti e c’è il grande bivio tra Renzo Piano, Roger.

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Il nostro fantastico Franchini, perché ovviamente il clima era rovente e loro piano, Rogers e Franchini dovevano creare una società per appunto gestire la realizzazione del progetto che aveva vinto, del realizzare questa società, Renzo Piano e Roger non avevano dubbi, volevano essere ovviamente giustamente, i membri della società e avrebbero offerto lo stesso ruolo a Franchini, quindi sarebbe stata una società o comunque uno studio in società.

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Diviso in tre, quindi 333333 come il famoso film di Troisi e Benigni, quando incontrano il nostro Leonardo da Vinci.

Ma ecco il colpo di scena, Franchini era una persona giudiziosa assennata.

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Aveva avuto paura di fare il passo più lungo della propria gamba.

Perché le polemiche sul centro, sicuramente azzardato rispetto a quei tempi, erano d’altronde furibonde, con articoli a piena pagina.

Sui giornali, contro quel l’astronave piombata nel cuore della capitale francese realizzata per lo più, come abbiamo detto da tre stranieri, due italiani e un inglese di 34 anni.

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Giovanissimi e i progettisti correvano il rischio di essere chiamati al giudizio per dei rimborsi milionari.

Franchini quindi fece questo passo indietro, anche se contribuì alla concreta realizzazione dell’opera e divenne appunto il direttore del cantiere del progetto.

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Non un socio effettivo del nuovo studio associato di cui fecero parte solo piano e Roger.

Infatti Franchini non si trasferì mai a Parigi, ma visse intensamente tutto l’arco del progetto, dal concorso che fu fatto a Londra fino alla fine dei lavori.

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Ed è qui che strappò in faccia alla fortuna il biglietto milionario che aveva appena vinto.

E quindi cosa ci rimane del nostro amato eroe Franchini?

Una persona troppo ragionevole, troppo assennata per lasciarsi andare nell’iperspazio delle archistar e della realizzazione di nuove e sempre più magnifiche costruzioni che questo concorso gli avrebbe poi permesso di fare, come lo ha permesso a piano e a Roger, ci lascio qualche piccola architettura delle biblioteche a Genova e qualche altra realizzazione, ma nulla in confronto alla produzione degli altri due.

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Quindi, al di là del valore delle architetture che ha fatto.

Questa storia ci racconta come anche nella professione dell’architetto non basta essere pescati dalla lotteria e fare il proprio lavoro per vincere.

Occorre, come diceva Steve Jobs, sapersi confrontare con il precetto stay Hungry, stay foolish.

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Portare all’incasso il biglietto estratto e saper gestire mediaticamente la vincita diventando protagonisti della narrazione, evitando così di farsi relegare in un secondo piano e sparire.

Da ogni pubblicazione, quindi, certo è che di tutti dimenticati dell’architettura italiana Franchini è quello che a mio avviso suscita più simpatia per essersi fatto sfuggire con grande signorilità e garbo un treno particolarmente importante che forse nessun collega più famelico e più folle si sarebbe mai lasciato scappare.

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